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FORNACI DA CALCE:
UN PATRIMONIO DA TUTELARE

La calce ha costituito per secoli il principale legante impiegato nelle costruzioni, pertanto gli impianti per la sua produzione hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei mestieri d’arte, dell’artigianato tradizionale e nell’architettura.

Con la progressiva elaborazione di nuovi sistemi di produzione, le fornaci storiche sono gradualmente cadute in disuso; in seguito sono state demolite o si trovano ora in stato di abbandono. Tali costruzioni, strutturalmente diverse a seconda delle loro epoche, fattori geografici e climatici, sono diffusissime sul territorio italiano e rappresentano autorevoli esempi di architettura industriale che dovrebbero essere salvaguardati come memoria del nostro passato.

La produzione di calce è sempre stata strettamente legata alla possibilità di approvvigionamento della materia prima e alla possibilità di trasporto. Il prodotto finale era infatti così povero che i produttori non sarebbero riusciti ad ammortizzare gli alti costi di escavazione o di trasporto legati all’approvvigionamento in siti distanti dal luogo di impiego. Perciò le fornaci si sono sviluppate prevalentemente nei pressi di affioramenti di calcari o dolomie e vicino a vie di comunicazione piuttosto comode.

LE MODALITÀ DI PRODUZIONE

Le fornaci possono essere classificate in base alla intermittenza o continuità della produzione.

Nelle fornaci a funzionamento intermittente o discontinuo (utilizzate fino alla fine del 1800 circa) la produzione della calce viva passava attraverso una sequenza di fasi successive: il carico della pietra calcarea e del combustibile, l’accensione del forno, la cottura e terminava con lo scarico del materiale cotto. Queste calcare potevano calcinare quindi solo la quantità di pietra che era stata caricata al loro interno e richiedevano che, terminata la cottura, si aspettasse il raffreddamento della calce e della fornace stessa per poter estrarre il prodotto. Questo tipo di funzionamento discontinuo era coerente con le esigenze dell’attività edilizia tradizionale che non richiedeva grandissimi quantitativi di materiali né prevedeva una attività continua all’interno dei cantieri; inoltre la calce era abitualmente prodotta in specifici periodi, nei quali la manodopera non specializzata e gli animali per il trasporto erano più economici poichè settore agricolo risultava inattivo.

Gli impianti a fuoco continuo prevedevano invece che la fornace non fosse spenta per periodi di tempo molto lunghi, il calcare venisse caricato dall’alto della fornace e – scendendo gradualmente dalla bocca superiore verso la parte mediana in cui la temperatura era più alta – si trasformasse gradualmente in calce viva; la calce veniva poi raccolta al fondo della fornace. La capacità produttiva di questi impianti era maggiore dal momento che non si avevano i tempi morti dovuti al carico, al raffreddamento e allo scarico. Si ottenevano risparmi economici connessi a un migliore sfruttamento del calore prodotto dai combustibili: infatti l’aria fredda che entrava dalla base della fornace si preriscaldava a contatto delle pietre ormai calcinate che erano prossime alla estrazione e, dopo aver alimentato la combustione ed essersi riscaldata, risalendo all’interno della fornace cedeva parte del proprio calore ai materiali che man mano venivano introdotti dall’alto; inoltre, non si doveva riscaldare ad ogni carica tutta la massa della calcara stessa. Fra i difetti che erano attribuiti alle fornaci di questo tipo vi era invece la dimensione ridotta delle zolle di calce ottenute, che tendevano a frantumarsi nella loro graduale discesa all’interno del forno durante la cottura.

I tipi di fornace

> > Fornaci a cumulo: venvano costruite con una semplice sovrapposizione di pietre calcaree alternate a combustibile in modo da formare un cumulo rotondeggiante. Questa fornace non richiedeva un impianto fisso ed era particolarmente economica da realizzare; la quantità di calce prodotta però era limitata. Si trattava di una tipologia conveniente nel caso in cui si volesse produrre rapidamente o in un luogo isolato un modesto quantitativo di calce necessario.

>> Fornaci a fossa: l’impianto consisteva in una fossa (in genere a pianta circolare) scavata nel terreno, preceduta da una breve trincea che consentiva l’introduzione dell’aria contenente l’ossigeno comburente. Rispetto al tipo a cumulo, le dimensioni delle fornaci a fossa, e quindi il quantitativo di calce prodotta, erano in genere minori, mentre maggiore era l’isolamento termico grazie al terreno che circondava la camera di cottura. Poichè anche questo tipo di fornace era idoneo a produrre solo piccoli quantitativi di calce, era spesso realizzato all’interno del cantiere o nei pressi dell’abitato in cui il materiale doveva essere impiegato.

>> Fornaci a pozzo: sono strutture poste sul fianco di un rilievo che, per la realizzazione dell’impianto, doveva essere scavato. Veniva poi realizzato un rivestimento interno della camera di combustione in pietra refrattaria o in mattoni crudi con malta di argilla. Il posizionamento della fornace sul fianco di una collina o di una montagna aveva una duplice funzione: da un lato, consentiva di sfruttare la massa rocciosa o terrosa per garantire un notevole isolamento termico alla fornace, dall’altro consentiva di avere accesso dall’alto alla bocca superiore della stessa, favorendo le operazioni di carico della pietra calcarea. Questo tipo di calcara veniva realizzato in prossimità di siti di estrazione della pietra destinati a servire un ampio territorio; perciò si diffuse solo in ambiti geografici e periodi storici caratterizzati da una facilità ed economicità dei trasporti.

>> Fornaci in elevato: le fornaci in elevato si distinguono dalle precedenti perché si configuravano come strutture più o meno completamente isolate, quasi sempre dotate di una copertura superiore a tetto o a cupola –  che consentiva di poter effettuare le operazioni di carico in condizioni protette – , una minore dispersione del calore per effetto del vento e la protezione del materiale dalla pioggia durante la cottura. Le fornaci in elevato si diffusero maggiormente a partire dall’Ottocento ed erano in genere del tipo «a manica» o «a tino», cioè avevano l’aspetto di torri più o meno alte (fino a 18/ 25 m) a tronco di cono (a base circolare o ellittica) o tronco di piramide. Tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento questo tipo di fornace si affermò e diffuse – soprattutto in zone pedemontane o nelle valli a ridosso della pianura dove erano disponibili le materie prime e facili i contatti commerciali con i grandi centri urbani – e assume caratteristiche tecnologiche piuttosto definite.

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