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La Calce in Cucina
Il Pidan. L’uovo centenario

Secondo la leggenda il pidan fu scoperto per caso. Un contadino cinese trovò delle uova rimaste a bagno in una vasca di calce e… provò ad assaggiarle. Innamoratosi del sapore, cominciò a produrle e a commercializzarle.

Il pidan, chiamato anche ‘uovo centenario’, è certamente un piatto antico e ancora oggi  ampiamente diffuso in Cina, Taiwan, Laos, Thailandia, ecc.

Le uova utilizzate sono di anatra, di gallina o di quaglia. La ricetta tradizionale prevede di bollire del tè e aggiungervi poi calce viva, creta, cenere e sale: la mistura diviene quindi una crema densa che spalmata sulle uova, poi fatte rotolare in una terrina riempita di foglie di semi di riso in modo che non si attacchino l’una all’altra. Così preparate, le uova vengono poste in ceste o barili coperti.

Nel corso del tempo, in superficie si forma una crosta dura. Ma dentro che sta avvenendo un’altra trasformazione: la calce (alcalina) utilizzata nella preparazione comincia ad innalzare il pH dell’uovo, spezzando così alcune catene di grassi e proteine. Il bianco dell’uovo diviene trasparente e gelatinoso, mentre il tuorlo assume un colorito grigioverde molto scuro.

Dopo diversi mesi, la crosta viene rotta e l’uovo centenario è finalmente pronto. L’albume gelatinoso non sa di molto, ma il tuorlo verde è una vera delizia: cremoso e dal gusto pungente, ricorda il sapore di alcuni formaggi stagionati.

Sulla superficie dell’uovo si formano talvolta dei piccoli e innocui funghi che assomigliano ad aghi delle conifere, e che ne impreziosiscono singolarmente l’aspetto: per questo motivo uno dei nomi cinesi del pidan è ‘uovo dai disegni di pino’.
Servito come antipasto da solo, oppure condito con salsa di soia e accompagnato con verdure, questo esotico piatto garantisce un’esperienza culinaria unica.

A ciò si affianca un’importante scoperta scientifica. L’effetto alcalino della calce sulle proteine dell’albume d’uovo è stato infatti oggetto di recenti ricerche presso l’Università di Cambridge.
Lo studio dimostra che questa trasformazione è causata da cambiamenti nel modo in cui le proteine, precisamente l’ovoalbumina, sono tenute insieme. ‘Se abbiamo capito il meccanismo che spinge l’aggregazione proteica allora si potrebbe rallentarla o impedirla’ sostengono i ricercatori ‘e ciò potrebbe essere importante nella prevenzione delle malattie causate da innaturale aggregazione di proteine, come ad esempio l’Alzheimer’.

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