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Serie di articoli News

STORIE DI CALCE#29
DA ARDEA, IL RACCONTO DI MATTEO

Con Storie di Calce raccontiamo le esperienze di clienti, appassionati e di tutti coloro che lavorano con la calce. Spunti, aneddoti e, perché no, qualche esempio delle realizzazioni che si possono fare con i nostri materiali.

Matteo Montani, artista, ha realizzato per la parete esterna del Museo Manzù di Ardea (RM) l’opera Nei Colori del Giorno, ovvero per un monumento al limite ignoto con i fondi del Premio Arte Contemporanea indetto dal Ministero per i Beni Culturali e la Direzione Generale Creatività Contemporanea. Protagonisti dell’opera sono i colori realizzati con pigmenti e tinte CalceLatte grazie alla consulenza del nostro collaboratore Claudio Loreti (leggi qui l’intervista >>).

Lo ringraziamo per aver condiviso con noi la sua esperienza.
Buona lettura!

Ci racconta il suo percorso da artista?

Ho cominciato a dipingere fin dalla prima adolescenza finché ho avuto una sorta di «illuminazione» che mi ha fatto decidere che quello sarebbe stato il mio lavoro: un primo pomeriggio, osservando le macchie di un pavimento policromo di marmo, vidi un’immagine e da allora (avevo sedici anni) decisi che avrei fatto l’artista. Il percorso è stato lungo ma in un certo senso lineare, poiché ho sempre davanti a me quell’immagine nascosta nel marmo e lì dovrò tornare. Non chiedetemi che immagine fosse, perché il bello è che non lo so!

Com’è nato il progetto?

Il progetto Nei colori del giorno ha avuto una lunga gestazione, circa 10 anni. Tutto è iniziato quando osservai una goccia di pioggia penetrare uno strato di pittura gessosa bianca col quale avevo appena ricoperto uno strato di pittura rossa; la goccia, nell’infiltrarsi, rivelò parzialmente il colore sottostante. Reagii arrossendo io stesso e da quel momento mi misi in testa che avrei dovuto trovare una formula stabile e duratura che permettesse di rivelare un arcobaleno di colori da una superficie bianca.

L’opera, si è aggiudicata la vittoria del PAC2020 – piano per l’arte contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura – e consiste in una pittura murale realizzata sulla parete esterna del Museo Manzù dipinta con i colori dello spettro cromatico e ricoperta con una speciale vernice bianca. Quando l’opera si bagna la superficie lascia infatti trasparire i colori, mentre, quando la patina superficiale si asciuga, il colore gradualmente scompare e il muro torna bianco. Un impianto idraulico, inoltre, permette di bagnare la parete a cascata volontariamente, generando una serie di segni diversi caratterizzati da un dripping verticale.

Perché la scelta della calce?

La calce ha questa meravigliosa caratteristica di essere un elemento sensibile e reattivo. Accoglie l’acqua e, quando è umida, permette al colore nascosto di essere visibile, quando si asciuga torna bianca e resistente. È un elemento che si armonizza e dialoga con le superfici e con gli agenti esterni. La definirei in un cero senso «intelligente». Devo ringraziare Claudio Loreti che, nell’ultima fase della progettazione, mi ha fornito un supporto tecnico fondamentale, ma non privo di una condivisione visionaria, che è alla base di questa opera, introducendomi anche alla qualità straordinaria dei prodotti de La Banca della Calce.

Ci descriva l’opera e il suo significato.

L’opera gioca su diversi livelli di lettura e di fruizione. Il primo sicuramente è quello della meraviglia e dello stupore, che si devono tradurre in una gioia visiva molto elementare e profonda. Un’emozione che ci riporta a uno stato che potremmo definire di estrema semplicità e, dunque, anche di libertà e leggerezza. L’intervento espressivo del colore e delle forme che si producono apporta una condizione che si sposta più su un dato percettivo ed estetico e, di conseguenza, c’è un dato di partecipazione alla performance cromatica. Infine c’è il momento dello svanire, con l’asciugamento della calce e il ritorno al bianco; questo passaggio per me ha una valenza molto forte perché lo associo a una condizione di aldilà, un aldilà letterale, qualcosa che è letteralmente e fisicamente altrove, ma apre a un senso forte, quello della scomparsa. Una cosa che non avevo messo in conto e che mi ha colpito molto è stata la forza espressiva non tanto dei segni colorati, quanto delle linee del bianco della calce che rimane asciutta. Trovo che diano una tensione speciale a tutta l’opera!

Quali colori ha usato?

Per il fondo sono stati usati colori al quarzo molto potenziati, cioè con una maggiore quantità di pigmento. Per la mano finale è stata usata la calce addizionata con un ingrediente segreto di mia invenzione che non posso rivelare: è legato all’immagine che vidi nel marmo da giovane, quindi è il mio segreto d’artista!

Foto di  Sebastiano Luciano.

Matteo Montani è nato a Roma nel 1972. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Urbino e Roma, diplomandosi nel 1997 con una tesi sulla funzione espressiva del colore blu. Le sue opere ad olio su carta vetrata rimandano a paesaggi mentali rarefatti e precari, sospesi tra un contesto di intimità meditativa e apparizioni articolate in una dimensione rivelatrice. Questa rivelazione riconduce al paesaggio oltre che alla condizione dell’uomo, poiché è sempre in rapporto diretto con l’epifania della visione.
Ha esposto in affermate gallerie in tutta Italia e all’estero. Nel 2015, a seguito della mostra personale Andarsene al Museo Andersen di Roma, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAM) di Roma acquisisce una sua opera sperimentale: una scultura che si fonde e diventa un’opera bidimensionale. Le sue opere si trovano in rinomate collezioni come la Collezione Artefiera di Bologna, i Musei Vaticani, la Collezione Unicredit e la Collezione Vaf, oltre che in importanti collezioni private in Europa e negli Stati Uniti.

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Il Museo Manzù di Ardea (Roma) è dedicato allo scultore Giacomo Manzù, il museo ospita le opere del Maestro italiano del 900. Il cantiere architettonico ha inizio nel marzo 1967, mentre la Raccolta venne inaugurata ufficialmente il 22 maggio 1969, per essere donata dallo stesso Maestro allo Stato Italiano una decina di anni dopo. Il museo Manzù è aperto al pubblico dal 1981.

La Raccolta include una novantina di sculture – quasi tutti bronzi, due grandi opere in ebano, una scultura in alabastro ed un bassorilievo in stucco, timbri, coni, medaglie, oltre ad una collezione di trecentotrenta opere grafiche – disegni, incisioni, bozzetti teatrali. Con un’innata predisposizione al contemporaneo, il museo si rivolge, anche in con questa nuova iniziativa dedicata a Matteo Montani, alle nuove proposte del panorama artistico attuale, sostenendo gli artisti e facendo interagire le ricerche più aggiornate con il patrimonio custodito al suo interno.

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