Callout piè di pagina: contenuto
Serie di articoli News

STORIE DI CALCE#27
DA MARRAKECH, IL RACCONTO DEL
PROF. MOUNSIF IBNOUSSINA

Con Storie di Calce raccontiamo le esperienze di clienti, appassionati e di tutti coloro che lavorano con la calce. Spunti, aneddoti e, perché no, qualche esempio delle realizzazioni che si possono fare con i nostri materiali.

Quali elementi rendono il Tadelakt unico?

Abbiamo intervistato il prof. Mounsif Ibnoussina, del Dipartimento di Geologia dell’Università Cadi Ayyad di Marrakech con il quale abbiamo condotto questo studio nel 2018. Ci ha rivelato alcuni segreti sullo straordinario intonaco impermeabile a base di calce e ci ha spiegato perché il Tadelakt originale è solo quello prodotto con la calce di Marrakech.

Lo ringraziamo per aver condiviso con noi la sua esperienza e buona lettura!

Qual è la storia della calce da costruzione in Marocco?

La calce è un materiale conosciuto agli uomini sin dall’età preistorica, ma il primo uso documentato come materiale da costruzione risale al 4000 a.C. circa, quando gli Egizi la usarono per intonacare le piramidi (Boynton, 1980). La maggior parte dei popoli antichi (Egizi, Etruschi, Fenici, Greci, Romani, ecc.) conosceva la calce, ma non la utilizzava per la costruzione. Le prime città dell’antica Mesopotamia furono costruite con terra cruda, materiale che, sfortunatamente, si degrada più velocemente della pietra: perciò sono rimaste poche testimonianze del periodo così sorprendenti come le piramidi d’Egitto (Adam, 1994). Anche i Greci conoscevano la calce e l’intonaco: li utilizzavano come rivestimenti e, solo saltuariamente, come malta. È da Roma che, intorno al I secolo d.C. si diffonde una nuova tecnica che incorpora con la calce la sabbia vulcanica di Pozzuoli (pozzolana) o coppi frantumati. Come dice Vitruvio (1931) nel suo libro De architectura (libro II, capitolo 6), la malta può resistere all’acqua e anche ambientarsi in ambienti molto umidi, virtù dovuta alla presenza di una grande quantità di silicato di allumina: aggiungendo pozzolana o piastrelle alla calce aerea, viene trasformata artificialmente in calce idraulica. Fu solo nel 1818 che Louis Vicat spiegò i principi di questa reazione nella sua teoria dell’idraulicità, aprendo la strada alla scoperta del cemento Portland.

Anche in Marocco la calce è nota da molto tempo: si trova in diverse località sia del nord che del sud e le varie popolazioni (fenici, cartaginesi, romani, vandali, bizantini) che occuparono il paese prima dell’islamizzazione da parte degli arabi (Lugan, 2000) la utilizzarono nei loro lavori di costruzione, così come le diverse dinastie che vi si succedettero a partire dal IX secolo: gli Idrissidi, gli Almoravidi, gli Almohadi, i Saadiani e gli Alawiti.  A differenza dei paesi Occidentali però, dove la calce sta vivendo una riscoperta, in Marocco non sta riscontrando un rinnovato interesse: il suo utilizzo è ancora tradizionale e il suo mercato è molto limitato, a causa della sua presa relativamente lenta. Oggi questo antico materiale viene prevalentemente utilizzato per realizzare malte per il ripristino di vecchie strutture, rivestimenti per la protezione delle pareti, imbiancature – ambito in cui ha il vantaggio di offrire una soluzione molto economica per il trattamento di pareti e tramezzi – e il Tadelakt, il tradizionale intonaco a base di calce di artigianato marocchino, caratterizzato da impermeabilità e aspetto liscio e morbido e realizzato con una calce prodotta dalla cottura in forni tradizionali di incrostazioni calcaree della regione di Marrakech.

Il Tadelakt sta affascinando architetti e designer di tutto il mondo: ci racconti di più.

Le origini del Tadelakt risalgono a migliaia di anni fa: è un know-how ancestrale tradizionalmente utilizzato per sigillare e impermeabilizzare condotti, cisterne, fontane, hammam e bacini idrici, come il bacino della Menara del XII secolo. La tecnica si è diffusa nel tempo nel Mediterraneo per rivestire gli hammam o i muri e le facciate di palazzi e mausolei.

Negli ultimi anni il Tadelakt ha conquistato architetti e designers di tutto il mondo per realizzare bagni, SPA, pareti, ambienti dai toni morbidi e caldi. Il Marocco, in virtù dell’antica tradizione, è uno dei pochi paesi che è riuscito a preservare ancora oggi una forza lavoro qualificata nel settore, nonostante alcune aziende che operano nell’edilizia tradizionale reclutino ancora manodopera non preparata. Così, a volte è necessario ricordare agli operai alcuni elementi importantissimi come le miscele (aggregati e legante), il dosaggio dell’acqua, le precauzioni da prendere nell’applicazione secondo la superficie da trattare, il tempo di soleggiamento, la spazzolatura ecc.

L’applicazione del Tadelakt è infatti una procedura complessa, che richiede esperienza. Segue una tecnica di esecuzione a due strati, lo strato di aggrappo e lo strato di finitura: il primo strato o strato di aggrappo ha la funzione di assicurare l’adesione dell’intonaco al supporto e si esegue con una malta abbastanza fluida, gettata energicamente con una spatola su un supporto ben preparato. Si applica ad uno spessore che varia da 2 a 10 mm. La malta per questo strato è composta dal 70% di sabbia di cava o terra di Harbil e dal 30% di calce e ha un aspetto superficiale ruvido. Il secondo strato o strato di intonaco di finitura deve garantire l’impermeabilità e la resistenza all’acqua (El Amrani et al., 2018) ed è realizzato con una malta composta al 100% da calce, applicando i seguenti passaggi:

  1. Ingrassare il muro dal basso verso l’alto con lo strato di Tadelakt di meno di 10 mm di spessore. L’applicazione si fa con una spatola e un frattazzo in due passate successive: applicare la prima passata, poi spatolare senza insistere troppo, poi applicare la seconda passata sul fresco e lasciare asciugare.
  2. Frattazzare l’intonaco per assicurare una buona uniformità della superficie;
  3. Riprendere le irregolarità aggiungendo materiale;
  4. Frattazzare di nuovo energicamente con movimenti circolari per schiacciare l’intonaco e far emergere la schiuma;
  5. Chiudere l’intonaco appena comincia a fare presa con il bordo della spatola senza lasciare segni;
  6. Iniziare con un primo leggero passaggio della pietra e lasciarlo indurire. Quando l’intonaco non segna più sotto il dito, carteggiare il Tadelakt con il rullo con movimenti circolari per evitare la comparsa di micro fessure dovute all’evaporazione dell’acqua della malta;
  7. Passare la spatola per serrare l’intonaco e portare l’acqua in eccesso in superficie;
  8. Ripetere gli ultimi due passi;
  9. Passare leggermente la pietra e la spatola tutte le volte che è necessario, per rendere il Tadelakt compatto e più resistente;
  10. Rifinire gli angoli, i bordi e le rotondità;
  11. Finire con un ultimo passaggio di spatola dall’alto verso il basso per cancellare tutte le tracce e lucidare il Tadelakt;
  12. Usare il sapone nero che gioca un ruolo essenziale per la sigillatura del Tadelakt. Permette di richiudere le micro fessure e di chiudere definitivamente il Tadelakt. Conferisce inoltre una lucentezza leggermente satinata.

L’intonacatura delle pareti può essere alterata o staccarsi dall’alto; per evitare questo inconveniente, i Mâalam (maestri artigiani) rifiniscono il muro (fatto di calce al 100% con la tecnica del Tadelakt) a forma di punta, leggermente convesso e con una texture liscia per facilitare il flusso dell’acqua piovana.

Il Tadelakt originale è solo quello prodotto con la calce di Marrakech: cosa lo rende così unico e inimitabile?

L’unicità del Tadelakt sta nei suoi costituenti: il calcare con cui è prodotto non è puro al 100%. Ci allontaniamo quindi dalla configurazione di quasi tutti gli altri calcari del mondo che derivano da un calcare relativamente puro e contiene fino al 98-99% di carbonato di calcio: qui siamo a meno dell’80% (70-75%), il che costituisce già una differenza intrinseca. È il restante 25% a fare la specificità e, se questa percentuale contiene materiali argillosi, si possono avere interessanti reazioni pozzolaniche. Da qui deriva il fatto che può essere usato da solo con spessori senza problemi; con altre pietre calcaree pure si è obbligati ad aggiungere riempitivi come sabbie o altri aggregati per ottenere spessori di intonaco. La specificità del Tadelakt risiede dunque nella sua composizione chimica e nel fatto che è pronto all’uso e non necessita l’aggiunta di altri materiali.

Come e dove si produce la calce da Tadelakt?

La produzione della calce per il Tadelakt avviene in forni tradizionali chiamati forni da calce, edifici destinato a trasformare il calcare in calce (per approfondire leggi l’articolo Viaggio in Marocco. Le fornaci da calce di Marrakech). Si tratta generalmente di un’opera verticale fissa di forma cilindrica scavata in un colle, aperta in alto, con un’altezza di 5 m e un diametro di circa 6 m. Queste tradizionali fornaci da calce rappresentano un patrimonio architettonico della città di Marrakech: il loro sviluppo è legato all’uso della calce nella costruzione di vecchi edifici risalenti al periodo Almoravide. Oggi abbiamo individuato 45 forni intorno a Marrakech, di cui 26 ancora funzionanti. Si trovano sulle due rive dell’ Oued Tensift, in una posizione strategica vicino all’acqua, alle croste calcaree e ai combustibili (rami e foglie di palme nel palmeto di Marrakech).

La produzione artigianale di calce comporta le seguenti fasi:

  1. Il forno viene prima riempito di combustibile fino all’apertura inferiore;
  2. Una volta artisticamente disegnata, fatta di pietra calcarea frammentata in campioni più o meno grandi, viene poi stabilita sopra l’apertura superiore del cilindro che costituisce il forno;
  3. Il chaufournier (maestro di cottura) entra nel forno, attraverso l’apertura inferiore, alla base dell’insieme di pietre di circa 30 cm di spessore. L’apertura circolare lasciata alla base della volta del forno viene utilizzata per riempirla con strati di pietre che salgono fino a 2 m dal suolo. L’ultimo strato è composto da piccole pietre chiamate Couscous che assicurano la chiusura finale del forno. Infine, i pori vengono chiusi dal fango che serve anche a conservare il calore nel forno;
  4. L’operatore del forno avvia il fuoco attraverso l’apertura inferiore chiamata menara;
  5. La cottura viene effettuata a una temperatura che varia tra 850 e 950 °C e per 24 ore senza interruzione in due fasi: una prima fase, che dura dalle 12 alle 15 ore, durante la quale vengono utilizzati come combustibile principalmente da rami di legna secca; una seconda fase, che dura da 9 a 12 ore, durante la quale l’operatore del forno introduce come combustibile foglie di palma verdi ogni 15 minuti alternandole ogni ora con a legno secco. Le foglie verdi devono umidificare il recinto del forno per facilitare il recupero delle pietre calcaree.

Terminata la cottura,  un gruppo di artigiani effettua lo scarico del forno, cioè lo smontaggio della volta. Questi ultimi hanno il compito di recuperare la calce viva pronta per essere commercializzata, sapendo che il tonnellaggio di ogni cottura è di circa 40 tonnellate. Questa operazione è un lavoro molto duro, la cui corretta applicazione determina in parte il successo della cottura. Una volta ben costruita non crollerà durante il processo di cottura anche se, sotto l’azione del calore, il calcare perde dal 10 al 15% del suo volume.

Il processo di cottura può essere fermato in qualsiasi momento semplicemente immergendo una pietra calcinata in acqua: la sua rapida trasformazione in una pasta indica che la calcinazione è completa. La partita, che ha perso parte del suo volume (dal 10 al 15%), viene lasciata riposare per due o tre giorni per raffreddarsi lentamente. L’ossido di calcio potrebbe assorbire lentamente e progressivamente l’acqua dall’atmosfera e trasformarsi in idrossido di calcio: è quindi indispensabile conservare la calce in sacchi in locali chiusi e asciutti.

forno da calce

[schema del forno tradizionale per la cottura della calce]

Quali sono, secondo lei, i lavori in Tadelakt più belli di Marrakech?

In Marocco, il Tadelakt è utilizzato principalmente in cisterne e bagni per la necessità di impermeabilizzazione che hanno questi ambienti, ma viene utilizzato anche in ambito abitativo. A mio parare le opere più belle sono le facciate di edifici importanti, come i mausolei, dove viene utilizzato anche un rivestimento bianco con decorazioni cromatiche. A Marrakech esistono vecchi rivestimenti decorativi in ​​Tadelakt; cito per esempio la Moschea Koutoubia, risalente al 1120 e prova della durata di questo materiale: il corridoio delle scale, il pavimento e le pareti della rampa di accesso al minareto sono in Tadelakt. Da segnalare anche la cupola Almoravid, terminata nel 1117: la struttura faceva parte di una moschea almoravide, oggi distrutta, ed era e utilizzata per le abluzioni prima della preghiera.

 

Giardini Menara

I PRODOTTI DELLA LINEA

ALTRE STORIE DI CALCE

Pulsante torna in alto