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Serie di articoli News

STORIE DI CALCE#7
DA BOLOGNA
IL RACCONTO DI FELIX

Con Storie di Calce raccontiamo le esperienze di clienti, appassionati e di tutti coloro che lavorano con la calce. Spunti, aneddoti e, perché no, qualche esempio delle realizzazioni che si possono fare con i nostri materiali.

Per questo appuntamento della nostra rubrica, abbiamo intervistato Felix Demaio, da trent’anni nella moda, che insieme alla compagna Lucia, ha acquistato e ristrutturato la ex chiesa di San Pietro Martire nel centro di Bologna, per poi trasformarla in spazio polifunzionale: un po’ studio di rappresentanza, un po’ location per eventi ma, soprattutto, abitazione.

Ringraziamo tanto Felix per aver condiviso con noi la sua esperienza!
Buona lettura!

Perché la scelta della calce?

Ho scelto la calce, e in particolare il Tadelakt, principalmente per una questione estetica: mi piaceva l’dea di non utilizzare piastrelle o marmi e avendo viaggiato spesso in Marocco ero affascinato da questo materiale e dall’effetto che regala. Oltre alla ragione estetica, sono stato guidato anche da una ragione pratica: conoscendolo bene, ero consapevole delle sue doti di impermeabilità che lo rendono adatto per ambienti soggetti a umidità e vapore. Perciò ho deciso di utilizzarlo come rivestimento per il bagno e la cucina. Il procedimento stesso di stesura del Tadelakt (durato circa 2 settimane) è stato sorprendente: vedere il maalem, il maestro artigiano Tarik Boubtità, a lavoro è stato molto affascinante.

Come ha conosciuto la Banca della Calce?

Cercavo il Tadelakt a Bologna e sono andato in showroom a la Banca della Calce per vedere le campionature. Lì ho conosciuto il Dott. Rattazzi e gli ho raccontato il mio progetto e la mia idea. Lui, che conosceva bene la ditta che avrebbe seguito i restauri (la Leonardo srl), si è incuriosito ed è venuto a vedere lo spazio: circa 200 metri quadrati divisi tra bagno, cucina, camera e salone, dove il soffitto raggiunge i 13 metri di altezza. È proprio nel salone che sorge l’altare maggiore in stucco dorato, marmorino e la pala della Trasfigurazione di Filippo Pedrini, copiata nel ‘700 dall’originale del Carracci. Per arredare questi ambienti già ricchi di suo, abbiamo optato per pezzi vintage o prototipi di design, acquistati anche in mercatini e rinnovati. Il risultato è sorprendente: convivono in modo armonioso le campane originali della chiesa, lampade disegnate da Gae Aulenti, opere fotografiche, sedie chiavarine e divani anni’70.

Ha qualche aneddoto particolare da raccontarci accaduto durante la lavorazione?

Cercavo uno spazio inusuale, non banale e che fosse polifunzionale: un posto dove vivere, lavorare, organizzare eventi, ospitare persone ecc. Appena visto la chiesa abbandonata e sconsacrata di San Pietro Martire, nel quartiere di Santo Stefano all’interno dell’antico borgo, mi sono letteralmente innamorato, proprio per questa sua originalità. Ho iniziato subito a trattare con l’Istituzione Asili Infantili per l’acquisto della ex chiesa e della sagrestia.
Devo ammettere che i lavori di ristrutturazione sono stati piuttosto lunghi, anche perchè l’immobile era in condizioni disastrate, ma siamo molto soddisfatti del risultato: è una vera e propria chicca, unica nel suo genere, in cui abitiamo, lavoriamo, riceviamo ospiti, organizziamo iniziative (abbiamo ospitato anche una mostra durante l’ultima edizione di Arte fiera), grazie alle quali anche gli abitanti del quartiere stanno riscoprendo la ex-chiesa. Durante la ristrutturazione, inoltre, abbiamo scoperto degli affreschi del ‘600-‘700, che abbiamo restaurato e lasciato a testimonianza della struttura precedente.  

La storia della Chiesa di San Pietro Martire di Via Orfeo a Bologna

Nell’area denominata vigne dei Racorgeti, all’interno dell’antico borgo di Santo Stefano, fin dal 1252 si stabiliscono alcune suore domenicane provenienti da Parma. Nello Statuto del Comune del 1258, dove sono indicate le pubbliche elemosine annuali, è registrata un’offerta a favore Dominabus S.Dominici in Burgo S.Stephani commorantìbus super loco Jacobini Racorgepti pro constructione ecclesiae S.Petri Martyris. Questa notizia è particolarmente interessante perché ci permette di appurare l‘anno di costruzione dell’originaria chiesa, probabilmente la prima nel mondo cattolico ad essere dedicata al santo veronese. Da una memoria redatta nel 1309 dal vescovo di Bologna, Ubaldo, apprendiamo che la chiesa ha due altari, uno dedicato alla Vergine e uno a S. Pietro Martire, e che le monache dell’annesso convento professano dal 1290 la regola agostiniana.

  • 1474 >> il complesso è ceduto alle suore domenicane.
  • 1497 >> papa Alessandro VI affida ‘ufficialmente’ il convento alla direzione spirituale dei domenicani. Alla fine del XVI secolo, chiesa e convento sono ormai insufficienti per dimensioni ed in cattive condizioni statiche e le monache decidono la ristrutturazione del complesso.
  • 1592 >> Il 12 agosto il Senato concede alle religiose un’area di suolo pubblico per la costruzione della nuova chiesa, il cui progetto è affidato ad Andrea Ambrosini, mentre è il già ricordato Mons. Ratta a finanziare i lavori che si concludono abbastanza rapidamente se il 28 giugno del 1599, il Senato autorizza l’edificazione di una muraglia a protezione della clausura verso l’attuale Via Orfeo, includendo nel perimetro un cimitero ebraico dismesso e ridotto ad orto. Un successivo ampliamento è datato 1634, anno in cui l’Ufficio Comunale dell’Ornato concede alle suore una nuova porzione di suolo pubblico.
  •  1798 >> il 19 giugno in ottemperanza alle disposizioni napoleoniche, il convento, dopo essere passato per breve tempo alle Suore Gessate della SS. Trinità, è soppresso.
  • 1799 >> il convento è venduto ai fratelli Andrea e Carlo Costa che lo demoliscono in parte e nel settembre del 1800 lo cedono a Luigi Rizzi che, a sua volta, lo vende a Giovanni Battista Fabbri nel 1819.
  • primi anni del 1800 >> La chiesa è in gran parte demolita e dopo essere rimasta chiusa al culto nel 1806, è riaperta come oratorio della Confraternita delle Addolorate. Il campanile è abbassato nel 1819 per impedire la vista all’interno dell’antistante monastero delle Suore Scalze di S. Omobono.
  • 1973 >> l’oratorio è adibito a uso profano.
  • 2008 >> il 10 settembre è stata formalizzata, con atto ufficiale da parte dell’Ordinario diocesano, la riduzione allo stato profano.

Oggi gli ambienti facenti parte dell’antico complesso conventuale accolgono diverse funzioni: da quella abitativa con numerosi appartamenti dati in locazione, a quella scolastica. 

[Riferimenti storici tratti dalla relazione allegata al Decreto di Vincolo, redatta dalla Dott.ssa Daniela Sinigagliesi e dall’Arch. Loredana Deb]

Foto di Giorgio Baroni, realizzate per il servizio pubblicato sulla rivista Architectural Digest a febbraio 2020.
Si ringrazia per la gentile concessione.

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