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Malte storiche.
Le malte ‘porcellana’

Con malte ‘porcellana’ si indica una serie di malte idrauliche formulate con calce aerea e metacaolino, da impiegarsi in opere di muratura e intonaci, negli interventi di restauro del costruito e in bioedilizia.

Le origini liguri

Queste malte sono citate diffusamente nella cultura del edilizia del passato: in particolare nel gergo dei vecchi mastri liguri col nome di “porcellana” o “purselana”. Oggi sono argomento di accesa disquisizione, dopo il ritrovamento nel Molo Vecchio del porto di Genova di malte databili alla seconda metà del ‘500 caratterizzate da straordinaria bianchezza e tenacità, nonostante la secolare aggressione dell’acqua di mare.

La parola porcellana compare frequentemente nei registri commerciali dell’epoca, ma è poco probabile si riferisca all’omonima conchiglia o all’ancor più preziosa materia che costituiva il prodotto ceramico proveniente dalla Cina, conosciuto in Europa sin dal Medioevo e lodato da Marco Polo dopo il suo viaggio in Oriente.

Ciò che contraddistingue le malte porcellana è la presenza nei loro impasti di evidenti tracce di allume di potassio. Questa materia, sin dal Medioevo, era largamente richiesta sul mercato essendo utilizzata per la coloritura dei tessuti e per la conciatura delle pelli.

Fu nella seconda metà del ‘400, che assieme all’allume cavato dai Monti della Tolfa, venne estratto il caolino che sarebbe servito a preparare le malte porcellane. L’Allume di potassio, di fatto, è un elemento che si trova facilmente in associazione naturale col caolino dei suddetti giacimenti della Tolfa.
Pur non avendo ancora un riscontro scientifico, sembra che l’unione di questi elementi giochi un qualche ruolo sulla tenacità del prodotto finale, anche se la tradizione insegna che le malte porcellana devono la loro forza anche al peculiarissimo modo con cui veniva dosata la calce, cioè mescolando grassello stagionato e calce viva, così come sperimentato con successo e divulgato dai francesi Loriot e Rondelet.

Le esperienze di Giovanni Branca

Queste malte hanno la particolarissima virtù di far presa con l’acqua, largamente sperimentata dall’Architetto Giovanni Branca. Nel suo Manuale d’Architettura del 1629 vanta di aver inventato una malta da lui chiamata Mastice dei Tartari, che preparò allo scopo di difendere dall’umidità i muri dei Bagni di San Filippo in Toscana.
In quell’occasione, secondo le sue parole, preparò una ‘nuova materia’ data all’Architettura capace di formare

un tartaro bianco lattato, duro a piacimento fin a farlo superare la durezza del marmo carrarino statuario, e resistente alle ingiurie del tempo quanto il travertino.

Pur rispettando la sua volontà di voler serbare il suo prezioso ed inconfessabile ‘segreto di Bottega’, oggi si può svelare che il biancore e la durezza ottenuti dal suo miscuglio era dovuto alla presenza di quantità di caolino calcinato, che conferisce alle malte di calce idrata (aerea o aerea magnesiaca) uno spiccato carattere pozzolanico. Il metacaolino è tra l’altro uno dei pochi materiali ad effetto pozzolanico di colore veramente  bianco.

La nostra ricetta 

La ricetta della malta ‘porcellana’ di Banca della Calce, con grassello di calce magnesiaco, caolino calcinato e sabbia di fiume, è ispirata proprio alle malte cinquecentesche ritrovate al Porto Antico di Genova, raramente eguagliate per resistenza meccanica e durabilità.

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